La Morte del VI Shamarpa
Circa un anno prima del parinirvana (morte di un bodhisattva) del VI Shamarpa – Chokyi Wangchuk, noto anche con il nome Garwang Thamchad Khyenpa (1584-1630) – , il X Karmapa – Choying Dorje, noto anche con il nome Jigten Wangchuk (1604-1674) – passò un intenso periodo assieme al suo insegnante, ricevendone gli ultimi insegnamenti e istruzioni, e prendendosi cura teneramente di lui durante l’ultimo periodo della sua malattia. Dopo la morte del suo insegnante, il Karmapa organizzò elaborati riti funebri.
Il testo seguente è tratto dalla biografia del VI Shamarpa scritta, in prima persona, dal X Karmapa: The Bountiful Cow: Biography of a Bodhisattva, from: Collected Writings of the Tenth Karmapa; Chengdu (2004), XVII secolo. Traduzione dal tibetano a cura del XIV Shamarpa – Mipham Chokyi Lödro (1951-2014).
[…]
Rimanemmo assieme per molti giorni. Io lo servivo tutto il tempo e parlavamo di molte cose interessanti.
Arrivò la primavera. Nella foresta gli alberi erano in fiore e nuove foglie erano germogliate, cervi e uccelli erano ovunque. Il bodhisattva Chokyi Wangchuk insegnava solo saltuariamente. Non si intratteneva più né con le folle né con i suoi discepoli, pertanto era molto meno coinvolto del solito in conversazioni e discussioni.
Solitamente il bodhisattva Chokyi Wangchuk parlava per far felice la gente. Avrebbe fatto qualunque cosa per far felici i suoi studenti. Però, in quel periodo stava diventando sempre più isolato e meno socievole.
“Che cosa sta succedendo?” mi chiedevo, sebbene non osassi chiederlo a lui. Notai comunque che ogni tanto guardava i suoi discepoli con il tenero sguardo di una mucca bonariamente al pascolo.
Perché il bodhisattva Chokyi Wangchuck si comportava così? Io ritengo che stesse riflettendo sui risultati raggiunti con il lavoro di una vita – su come era riuscito a liberare altri perché comprendeva le cause e le condizioni che li circondavano. Questo tipo di conoscenza e abilità andava ben oltre il discernimento e la capacità di comuni esseri umani.
Un giorno il bodhisattva Chokyi Wangchuk sentì che il suo corpo si stava ammalando. Mi disse: “Il mio corpo ha una malattia dovuta a uno squilibrio di lung, la sottile energia dell’aria – è troppo forte.”
Gli chiesi: “Forse è meglio chiamare un dottore?”
“Va bene,” rispose.
Il dottore venne e diede qualche medicina al bodhisattva. Sebbene Chokyi Wangchuk sapesse che non esistevano cure per la sua condizione, permise ugualmente al dottore di visitarlo.
[…]
Durante la sua malattia io lo vestivo, cambiavo i cuscini su cui sedeva e giaceva, gli portavo cibo, tè, burro e latte. In tal modo lo servivo giorno e notte, per un certo tempo.
Finché il dharma del Buddha è qui in questo mondo, anche il puro stato di verità, il Dharmakaya, sarà sempre presente. I bodhisattva permettono ad altri di vedere la propria forma fisica cosicché tutti possano realizzare la natura impermanente di ogni cosa. Per di più, i bodhisattva ci mostrano la natura non egocentrica di tutti i fenomeni. Non diranno mai nulla in contrario.
Un giorno il bodhisattva Chokyi Wangchuk mi guardò e disse: “Domattina potresti per favore andare nella valle più in alto a vedere se riesci a trovare una bella grotta di roccia. Dovrebbe essere presso degli alberi, o vicino a un corso d’acqua, un luogo tranquillo e adeguato dove possa stare. Fammi sapere, ti prego, quando l’hai trovato.”
Risposi: “Ti prometto di fare ciò che mi chiedi.”
La mattina seguente mi alzai di buon’ora e andai a cercare quel posto. Guardai ovunque. Finalmente, sulla riva meridionale di un ruscello, trovai una meravigliosa grotta blu di roccia indrameela adiacente a una rigogliosa pineta. Notai anche la presenza di molti uccelli nel piccolo bosco lì vicino.
Ritornai dal bodhisattva Chokyi Wangchuk per raccontargli della mia scoperta. Gli parlai della grotta, della pineta, e anche di aver visto gli uccelli volare tutt’attorno. Gli raccontai tutto quanto.
Subito dopo aver ascoltato quei dettagli, il bodhisattva Chokyi Wangchuk si alzò immediatamente e salì su un cavallo docile. Amorevolmente guardò tutte le persone devote nella zona e oltre, contemplando il paesaggio e tutto ciò che conteneva. Molti abitanti del villaggio rivolsero lo sguardo verso il bodhisattva Chokyi Wangchuk, chiedendosi se l’avrebbero mai più rivisto. In cuor loro erano preoccupati. Lacrime sgorgarono in molti occhi dalla profondità della loro tristezza. All’improvviso, uno spirito della foresta sotto forma di uccello volò giù dal cielo e guardò tristemente verso il bodhisattva Chokyi Wangchuk.
Guidando lentamente il suo cavallo, condussi il bodhisattva Chokyi Wangchuk alla grotta di indrameela blu, presso la pineta. All’interno avevo già preparato una tenda di un tessuto speciale e un materasso. Lui era molto debole e così lo aiutai a smontare da cavallo. Poi, in parte sostenendolo e in parte trasportandolo, lo portai dentro la tenda.
Nei giorni seguenti, a intermittenza il bodhisattva si sentiva un po’ meglio. C’erano perfino giorni in cui era in grado di camminare da solo.
Ogni tanto recitava i nomi dei buddha di milioni di universi che non avevo mai sentito nominare prima. Fuori dalla grotta guardava i cervi e gli uccelli del bosco, e i pesci del ruscello, un po’ come una mucca guarderebbe il proprio vitellino, come se li stesse vedendo per l’ultima volta.
Improvvisamente un giorno il bodhisattva Chokyi Wangchuk si ricordò che una volta, tempo addietro, gli avevo suggerito di comporre un testo poetico sulla vita di Buddha Shakyamuni […] e mi chiese: “Vuoi ancora che lo scriva?”
“Certo, ma siccome non ti senti bene forse è meglio di no,” risposi.
“Nessun problema. Sono debole fisicamente ma non ho alcun dolore. Prepara inchiostro, penna, e carta. Adesso lo scriverò per te.”
Io ero felicissimo e preparai tutto il necessario.
Il bodhisattva Chokyi Wangchuk si mise a scrivere la vita di Buddha Shakyamuni: cominciando con la sua discesa dalle Terre Pure Tushita, come poi fu un feto nel ventre della madre, come crebbe e divenne un adulto, come poi si recò nella foresta a meditare, come raggiunse l’illuminazione, come insegnò il Dharma, e come entrò nel parinirvana alla fine della sua vita. Sorprendentemente, quei racconti erano non solo completi ma anche molto dettagliati. Quel volume divenne in seguito un oggetto di venerazione a cui i monaci possono offrire le loro prosternazioni e il loro rispetto. Era anche un insegnamento per tutti i bodhisattva, da seguire e da praticare.
Dopo aver completato il libro, il bodhisattva Chokyi Wangchuk me lo diede. Guardandomi con grande tenerezza, mi disse: “Anche tu dovresti seguire il sentiero dei bodhisattva. Anche tu dovresti scrivere storie sui bodhisattva così come io le ho scritte per te. Se lo farai, ne sarai ispirato profondamente.”
Rimanemmo in quel luogo per molti mesi. Arrivò l’autunno, i fiori e le foglie iniziarono a cadere dagli alberi.