“Si può paragonare la meditazione buddhista a un laboratorio che mette a disposizione i migliori strumenti per esaminare in dettaglio la propria mente e raggiungere una gioia duratura.”
Lama Ole Nydahl
Un uso dannoso della parola è ciò che potremmo chiamare dialettica divisoria. Questo avviene quando con l’uso inappropriato della parola si riesce a separare due persone o gruppi di persone che si considerano reciprocamente pregiati e gradevoli. Per esempio, se si separano genitori e figli, studenti e insegnanti, o coppie usando tale dialettica divisoria, poi costoro non staranno più bene assieme, non saranno più reciprocamente amabili e gentili. In questo mondo, l’insorgere di guerre o di violenza fra diversi paesi è solitamente causato da questo tipo di attività. La dialettica divisoria è fonte di una forte negatività e la illustrerò brevemente con una favola.
C’era una volta una leonessa e una bufala. Erano entrambe gravide, avevano entrambe un figlio in grembo. La leonessa voleva mangiare carne e così attaccò la bufala, la uccise, e la mangiò. Mentre stava mangiando, la leonessa si accorse che nel grembo della bufala c’era un corpicino ancora vivo. Vedendo quel bufalo neonato, la leonessa provò improvvisamente una grande compassione e non lo mangiò. Poco tempo dopo venne alla luce anche il piccolo leone.
Il leoncino e il bufalino si nutrirono dello stesso latte dalla madre leonessa e divennero un po’ come fratelli. Quei due svilupparono veramente un gran bel rapporto e si comportavano sempre molto gentilmente fra di loro, proprio come se fossero figli della stessa madre, proprio come autentici fratellini.
In seguito, quando crebbero, il bufalo pascolava sulla collina, cercando erba fresca, e il leone cacciava, cercando cibo altrove. Però alla sera si incontravano sempre ed erano sempre gentili e ben disposti l’un con l’altro. Quando quei due cuccioli si riunivano nelle serate, erano entrambi molto contenti di ritrovarsi perché si piacevano veramente molto. Il leoncino, in segno di apprezzamento, conficcava gli artigli nel terreno e scuoteva la criniera perché era così felice. Anche il bufalino, quando incontrava nuovamente il suo amico, era felicissimo e piantava nel terreno le piccole corna aguzze scodinzolando.
Vedendoli così felici assieme, la mamma leonessa diede loro un consiglio: “Vi siete nutriti con lo stesso latte e ora siete proprio come due veri fratelli, quindi dovete sempre restare vicini così, dovreste essere sempre buoni e gentili fra di voi. Purtroppo però di questi tempi nel mondo alla gente piace molto usare dialettica divisoria. Quindi può capitare che vi vogliano separare. Se succede, non ascoltate quei discorsi, non prestate alcuna attenzione a quelle parole.”
Così i cuccioli continuarono a comportarsi sempre molto bene fra di loro, ma qualche tempo dopo la madre si ammalò. Rapidamente le sue condizioni di salute si aggravarono sempre di più e a un certo punto la leonessa era in punto di morte. Allora lei mormorò ai due cuccioli: “Adesso io sto per morire, però voi dovete rimanere sempre così bravi e buoni fra di voi come prima. Dovete sempre apprezzarvi a vicenda. Se qualcuno cerca di separarvi, se qualcuno prova a usare quella dialettica divisoria di cui vi ho parlato, non state nemmeno ad ascoltare. Per favore, non ascoltate discorsi del genere.” E poi la leonessa morì.
Così i due fratelli di latte continuarono a comportarsi amorevolmente fra di loro. A volte il giovane leone cacciando uccideva una grossa preda, un’antilope, e siccome non riusciva a mangiare tutta quella carne, lasciava copiosi avanzi sul terreno. Poi però sopraggiungeva una volpe che faceva fuori tutto quel buon cibo abbandonato dal leone. La volpe seguiva sempre il leone, a una prudente distanza.
A un certo punto la volpe divenne un po’ gelosa e si mise a pensare: “Questo leone qui e il suo amico, quel bufalo, sono proprio molto legati fra di loro. Se riesco a eliminare in qualche modo il bufalo, allora il leone diventerà mio amico e così noi due saremo altrettanto vicini e in buoni rapporti.”
Allora la volpe si avvicinò al giovane leone e gli disse: “Ho visto che ti piace proprio tanto la compagnia di quel giovane bufalo. Peccato però che tu non piaccia a lui; proprio per nulla.”
Il leone rispose: “Non dire cattiverie del genere. Non è vero! Mia madre mi ha sempre ripetuto di non stare mai ad ascoltare questa dialettica divisoria. Quello che stai facendo non va bene! Non dovresti mai dire cose del genere.” Poi, contrariato, scacciò via la volpe in malo modo.
Per nulla dissuasa, la volpe andò dal giovane bufalo e gli disse: “Guarda, guarda, ti piace proprio tanto quel leone lì. Peccato che tu non piaccia a lui; proprio per nulla.” Il bufalo reagì come il leone e mandò via la volpe, irritato da quel tipo di discorsi.
Per varie settimane la volpe continuò a rivolgersi al leone e al bufalo, separatamente, dicendo sempre più o meno le stesse cose. In ognuno dei due amici cominciò ad apparire un ombra di dubbio: “Chissà perché la volpe continua a dire che non piaccio al mio migliore amico?” Comunque fra di loro erano sempre molto gentili e amichevoli, come sempre.
Nuovamente, qualche settimana dopo, la volpe andò dal leone e gli disse qualche cosa. A quel punto il leone domandò: “Mi hai detto tante volte che io non piaccio al bufalo. Ma perché? Perché pensi che io non gli piaccia?”
La volpe allora fece uso di dialettica divisoria e disse al leone: “Beh vedi, quando voi due vi incontrate il bufalo mette sempre le sue corna giù nella polvere, sai com’è, scagliando in giro un po’ di terra e agitando sempre la coda. Quello in effetti è una specie di allenamento. Si sta addestrando per attaccarti a un certo punto, per infilzarti con le corna nello stomaco e ucciderti in quel modo.”
Più tardi quello stesso giorno la volpe si recò dal bufalo e gli disse le solite cose. Anche il bufalo pensò che fosse un po’ strano che la volpe gli dicesse sempre le stesse cose, così tante volte. Per cui chiese: “Che cosa mi fa di male il leone in fondo?”
La volpe rispose: “Beh vedi, quando voi due vi incontrate il leone mette sempre i suoi artigli nella terra e scuote la criniera. Quella è una preparazione perché in effetti ti vuole attaccare a un certo punto con i suoi artigli per squarciarti lo stomaco.”
In passato il leone e il bufalo avevano sempre goduto un gran bel rapporto e non c’era mai stato alcun dubbio al riguardo nella loro mente, ma da quel giorno in poi erano sorti dei dubbi. Poi, una brutta sera, si incontrarono come al solito. Come tutte le altre volte, anche quella sera il leone conficcò gli artigli nella terra e si scrollò la criniera, il bufalo piantò le corna nel terreno e scodinzolò. Però nel farlo entrambi pensarono: “Guarda guarda, forse la volpe aveva ragione. Sembra proprio che mi voglia attaccare per uccidermi.”
E così, il leone si scagliò sul bufalo, il bufalo si scagliò sul leone, e si uccisero a vicenda.
Solamente per colpa della dialettica divisoria i due erano diventati acerrimi nemici, perché in effetti non c’era mai stato alcun problema; nessuno aveva mai commesso alcun errore, ma la dialettica divisoria da sola può creare danni enormi. In questo mondo, genitori e figli si separano, coppie si spezzano, Lama e studenti si dividono: tutto ciò molto spesso succede solamente a causa di dialettica divisoria. Non bisognerebbe mai prestare attenzione, e nemmeno ascoltare, discorsi di questo tipo. Mai e poi mai!
Quelli che fanno uso di dialettica divisoria sono persone prive di buone qualità, ma pervase da molta gelosia; persone con buone qualità non parlano mai così. Quindi, se qualcuno si avvicina a noi con questo tipo di discorsi, semplicemente non dovremmo stare mai nemmeno ad ascoltare.
Lama Sherab Gyaltsen Rinpoche; Becske (Ungheria) 18 settembre 2008
Oggi, 19 Marzo 2014, è il settantatreesimo compleanno di Lama Ole Nydahl. Gli auguriamo lunga vita e di proseguire la sua inesauribile attività che da oltre 40 anni ispira le moderne e brillanti persone occidentali, di ogni cultura e luogo, a seguire i nobili insegnamenti del Buddha.
Lo attendiamo il prossimo Settembre per il suo tradizionale corso annuale di insegnamenti in Italia.
Happy birthday!
L’UBI (Unione Buddhista Italiana) festeggia i suoi trent’anni di vita e la raggiunta Intesa con lo Stato presentando i futuri progetti di solidarietà che riguarderanno non solo la città di Milano ma l’intero paese, da realizzare con i contributi dell’8 per mille. |
Quanto bisogna studiare e quanto bisogna praticare ciò che si è studiato? Qual’è il rapporto fra studiare e meditare? Alcune persone pensano che per loro studiare non sia importante, perché è una cosa noiosa, mentre altri si chiedono se sia possibile meditare senza sapere quel che si sta facendo, senza studiare. Poi a volte si studia intensivamente e magari non si medita mai; ma non si ottengono buoni risultati. Dobbiamo scoprire esattamente qual’è il giusto equilibrio. Ognuno deve scoprirlo per se stesso, individualmente, ma posso fornire qualche indicazione generale. Il Buddha ha detto che dovremmo sviluppare tre saggezze: la saggezza dello studio (ascoltare), la saggezza della riflessione (pensare a quello che si è imparato) e anche la saggezza della meditazione. Continua a leggere
“Gli insegnamenti del Buddha sono come un diamante: seppure intrinsecamente immune a cambiamenti, riflette il colore della base su cui si appoggia. In tal modo, senza mai perdere la propria essenza, gli insegnamenti si sono adattati alle condizioni culturali di società diverse. Inoltre, al giorno d’oggi, visione e metodi buddhisti sono sempre più attraenti per le persone indipendenti e ben istruite dell’Occidente.”
[Lama Ole Nydahl, 22 dicembre, 2013]
”… La ragione per cui raccomando il ngöndro è che vi sono amico, ed è la migliore delle pratiche in grado di combinare corpo, parola e mente portandone il beneficio nella vita di tutti i giorni. Avete bisogno di una costante pratica del ngöndro per vivere nel mondo ed essere utili.
Le prosternazioni trasormano il corpo in un perfetto strumento. Un centinaio di prosternazioni o più al mattino e sarete fatti di acciaio e pieni di forza. Altrimenti diventerete molii come un marshmallow, e vi unirete al destino dei più. La purificazione che deriva dalla pratica di Mente di Diamante vi rende automaticamante liberi. La pratica del Mandala vi rende interiormente ricchi e l’idea di di condividere la felicità con gli altri diventa un’attitudine naturale. Infine, con la pratica del Guru Yoga, possiamo finalmente bussare alla porta dicendo: ora sono bello e ricco, posso essere un kagyü? Continua a leggere