Gli studi sulle esperienze di pre-morte risultano particolarmente interessanti se investighiamo la relazione tra la coscienza e la funzione del cervello, soprattutto se analizziamo l’ipotesi generalmente diffusa e accettata dalla comunità scientifica. Di fatto, non è stato mai provata l’ipotesi che la coscienza è un prodotto del cervello. L’analisi su questo argomento dovrebbe essere riaperta perché le persone (durante le esperienze di pre-morte) sperimentano una coscienza ‘amplificata’, e si ha il paradosso della presenza di questa una coscienza proprio durante il periodo in cui si ha unn arresto dell’attività cerebrale.
Ciò che accade nel cervello quando il cuore si arresta è già documentato nella letteratura scientifica. Conosciamo anche i processi fisiologici che avvengono in questi casi. Si è incoscienti dopo pochi secondi e tutti i riflessi del corpo — che sono una funzione della corteccia del cervello — non sono più presenti. Anche i riflessi del tronco cerebrale non sono più attivi, come il riflesso faringeo o il riflesso corneale e altri elementi, come la presenza di pupille dilatate, sono risultati clinici riscontrabili nei pazienti con arresto cardiaco. Anche il respiro si arresta e il centro respiratorio vicino al tronco encefalico smette di funzionare.
I risultati clinici mostrano che non esiste più una funzione del cervello e, nei casi in cui sia misurata, l’attività elettrica mostra un elettroencefalogramma piatto in media dopo 15 secondi. Il tempo medio necessario in una unità di rianimazione per riportare in vita il paziente è invece di almeno 1-2 minuti e in alcuni casi anche maggiore.
Tuttavia, tra i pazienti che hanno avuto un arresto cardiaco con elettroencefalogramma piatto dentro o al di fuori delle strutture ospedaliere, circa il 20% ha avuto una esperienza di pre-morte in cui è stata sperimenta una coscienza ‘amplificata’ in combinazione con emozioni e i ricordi fin dalla prima infanzia. A volte questa esperienza coinvolge anche la visione di eventi futuri e ovviamente si conclude con il ritorno della coscienza nel corpo.
Quindi, sulla base di tutti questi aspetti esperenziali raccontati dalle persone, e di cui ho raccolto negli anni una casistica molto ampia, non è possibile che sia valida l’assunzione medica per cui la coscienza è un prodotto, una funzione del cervello. A mio avviso il cervello, non ha la funzione di produrre la coscienza, ma di facilitarla. Questo significa che rende maggiormente possibile sperimentare la coscienza nello stato di veglia, ma che non è la sua causa.
Uno dei termini da lei frequentemente usati e che credo sia un concetto centrale è l’idea di una ‘coscienza espansa’. Questa è una delle cose che davvero non capisco. Il fatto che persone che, pur avendo familiarità con la ricerca, possano totalmente ignorare questo aspetto. Voglio dire, non stiamo nemmeno parlando di un normale livello di coscienza. Stiamo parlando di pazienti che uniformemente indicano di aver sperimentato una super-coscienza, una coscienza amplificata nel momento in cui la funzione del cervello è gravemente compromessa se non completamente assente. E personalmente non capisco come ci può essere una totale negazione di questo dato di fatto.
Perché non si adatta ai loro concetti. Dovrebbero cambiare il loro paradigma se lo accettassero, così preferiscono chiudere la porta. In questa ‘coscienza amplificata’, che a volte indico come ‘coscienza non-locale’, non c’è tempo o distanza. Tutto è presente, allo stesso tempo e nei due minuti dell’arresto cardiaco si ha una revisione completa della propria vita. Le persone sono in grado di parlare per giorni di quello che è successo loro in quel momento, perché tutto è presente allo stesso tempo.
E anche il passato e il futuro sono presenti, quindi la coscienza è in una dimensione dove non esistono differenze di tempo o spazio, che è totalmente diversa dalla coscienza che abbiamo ordinariamente. La coscienza ordinaria è vincolata a questo mondo fisico. Tu sei il soggetto ed esiste un oggetto. Ma nell’altra dimensione c’è solo soggetto. Tu sei uno con tutto.
[Estratto da una intervista svolta da Alex Tsakiris a Pim van Lommel, per la rivista Skeptico, 16 novembre, 2010]
Pim van Lommel, nato nel 1943, è uno scienziato e cardiologo olandese. È noto per le sue ricerche scientifiche sulle esperienze di pre-morte e la continuazione della coscienza, e in particolare per il suo celebre studio prospettico pubblicato dalla rivista medica ”The Lancet” [1]. Egli è anche l’autore del bestseller olandese, del 2007, intitolato ”Endless Consciousness: A scientific approach to the near-death experience” (“Coscienza senza fine: un approccio scientifico alle esperienze di pre-morte”).
[1] van Lommel P, van Wees R, Meyers V, Elfferich I. (2001) “Near-Death Experience in Survivors of Cardiac Arrest: A prospective Study in the Netherlands” (“Esperienze di pre-morte in sopravvissuti ad arresto cardiaco: uno studio prospettico nei Paesi Bassi”), The Lancet, 358(9298):2039–45, doi:10.1016/S0140-6736(08)61345-8.